STANDARD: PURTROPPO 0 PER FORTUNA? Piero Renai della Rena


STANDARD: PURTROPPO 0 PER FORTUNA?


Ho letto con molto e crescente interesse l'articolo inviatomi dal professor Enzo Righi, articolo intitolato "Purtroppo c'è lo Standard", a proposito della taglia del Pastore Tedesco. Questa è una razza che non giudico anche se amo moltissimo (è possibile non amare e non rimanere affascinati da essa?) quindi mi guardo bene da entrare nel merito, ma l'argomento della taglia e delle perplessità che questa comporta riguarda oggi quasi tutte le razze canine; si tratta di un fenomeno generalizzato per il quale bisognerà bene trovare una spiegazione razionale. Si parla ancora di aumento dovuto alle migliori condizioni igieniche, alimentari, etc..., si parla ancora di evoluzione delle razze; ma la statura è scritta nei geni e il termine "evoluzione" ha un significato biologicamente ben preciso che non mi pare si adatti al caso nostro.

Io distinguerei due aspetti:il primo è quello che riguarda l'aderenza allo standard; a proposito del quale si ripete fino alla noia "il cane più bello è quello che maggiormente si avvicina allo standard, i giudici sono i notai dello standard, lo standard è il parametro di riferimento nel giudizio, lo standard descrive il soggetto ideale, etc ......

Insomma lo standard è la Legge, e su ciò siamo tutti d'accordo.

Le leggi sono l'espressione di una'società ed esprimono un momento storico, e quando questo cambia una certa legge diviene fuori del tempo, desueta e deve essere abrogata. Ma fino a che un for-te movimento di opinione non ne ha decretato il superamento essa resta in piedi ed è giuridicamente operante. Lo standard ufficialmente stabilito dalla SV durante la seduta del WUSV del 30 agosto 1976 recita: "L'altezza al garrese ideale è di 62,5 cm per i maschi, e di 57,5 cm per le femmine. E' concessa una differenza in più o in meno di 2,5 cm. Il superamento del limite massimo, come il non raggiungimento del limite minimo, diminuiscono il valore del soggetto sia dal punto di vista del lavoro che della selezione".

Scrive Enzo Righi (e purtroppo affermando una seria verità) che un maschio di 62,5 cm od una femmina di 57,5 cm hanno scarsissime possibilità di conquistare il titolo di Auslese (o corrispondente). E' vero, ma purtroppo come la mettiamo con l'affermazione "lo standard è legge"?
Si vuol dire che lo standard è ormai fuori della realtà? Lo si dica pure ma allora cambiamolo; altrimenti bisogna aver il coraggio di dire: questo cane non può essere un vincitore perché non risponde allo standard. Il che lascia molto perplessi, ma la logica vuole che da qui non si scappi. lo non credo che l'espressione "taglia media o superiore alla media" sia motivata ragione di confondimento. Lasciamo stare il Solaro; "piccola, media, grande" che si leggono negli standard sono indicazioni generiche, approssimative ed in certo modo soggettive e convenzionali. 1 relativi standard definiscono di "taglia media" gli Schnauzer (45/50 cm), gli Slougi (52/55 cm), i Siberian Huski (53/60 cm), i Kurzhaar (62/64 cm), i Setter Inglesi (65/70 cm). Ma il Mastino Napoletano definito di grande taglia è indicato con l'altezza di 65/72 cm. Per finire il Boxer, che ha uno standard tedesco piuttosto preciso, viene definito con "taglia media", cm 57/63.

Questa variabilità è talmente vasta da confermarci che quel "taglia media" non ha alcun significato preciso e misurabile. Come li hanno invece cm 62,5. Numeri quindi oggettivi e rigidi. E' chiaro poi che la misurazione di un cane ha sempre alcunché di approssimativo; io non mi sentirei di giurare che 62,5 non siano poi con una successiva misurazione trovati 63 0 62. Molto opportunamente la misura dei levrieri da corsa (fatta a scopo di iscriverli in speciali categorie) viene ripetuta da due giudici; in tutto 10 misurazioni delle quali poi viene fatta la media aritmetica, ed a tal punto il risultato è attendibile.

L'avere poi la SV concordato e poi regolamentato il carattere altezza (certo assai ponderatamente) e concordato con illustri giudici ed allevatori, non ci consente a norma di diritto di interpretarlo ad libitum. Ma le perplessità non finiscono qui. Sono di carattere generale e di principio; altrimenti non mi permetterei di fare osservazione su una razza che non conosco. Una verità universalmente affermata è che in zootecnia (quindi anche in cinotecnia) il concetto di "bellezza" è connesso a quello di "funzionalità". Anche su ciò siamo tutti d'accordo. Per inciso più d'accordo di tutti lo era Max von Stephanitz. La sua enunciazione è lapidaria. La statistica e l'esperienza ci confermano che in tutte le razze da lavoro (Pastori, Caccia, Difesa, Traino, Corsa, ecc...) i soggetti di statura medio-piccola sono più agili, resistenti, sobri e funzionali dei grandi. Ma allora dove nasce il divorzio fra attitudine al lavoro (morfo-funzionale) e la cosiddetta bellezza? Ma esiste un tipo di bellezza che sia diverso da quello funzionale? Certo che 2 o 300 metri volati ad un trotto velocissimo, esaltante e spettacolare non possono darci la misura delle reali possibilità di svolgere quei compiti per i quali von Stephanitz aveva progettato il suo Pastore Tedesco. La descrizione che egli fa di Horand è un commovente messaggio. E' vero che il contesto sociale di oggi è ben diverso da quello dell'eroica epoca della transumanza e delle origini, ma è altrettanto vero che mai come oggi il Pastore Tedesco ha trovato impiego in campo militare, paramilitare, protezione civile, ausiliari di polizia, ecc... Tutti lavori che richiedono resistenza, agilità, temperamento ed insomma caratteristiche comportamentali di eccelso livello ed un apparato scheletrico muscolare atto a consentirle.

E' vero che in molte razze da lavoro si sono progressivamente e quasi insensibilmente due modelli, quello da lavoro e quello di bellezza; modelli sempre più divergenti fra loro. Di questo passo avremo dei Pastori Tedeschi di 70/72 cm (come con preoccupazione scrive l'emerito professor Righi). Il difficile sarà riuscire a convincersi che "sono più belli quelli di 62,5", senza una spiegazione razionale ed esaurientemente documentata.



Piero Renai della Rena

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