FORSE NON TUTTI SANNO CHE...OVVERO, E' BENE SAPERE CHE... di Piero Alquati

Un mio articolo pubblicato su "Informatore zootecnico del cane da pastore tedesco"

Forse non tutti sanno che...
ovvero, è bene sapere che...

di Piero Alquati



E' ormai inarrestabile il tracollo delle nascite del cane da pastore tedesco?
Dallo Statuto SAS
"Essa mira a svolgere ogni più efficiente azione per migliorare, incrementare e valorizzare la razza del cane da Pastore Tedesco per potenziarne la selezione e l'allevamento; per valorizzarne e potenziarne l’utilizzazione sia a fini di utilità sociale che a fini sportivi."
Negli anni settanta, quando collaboravo con la gestione della Società condotta da Walter Gorrieri ed ero Direttore della Rivista SAS, le nascite registrate della razza del cane da pastore tedesco erano intorno alle 35.000 unità. Si noti che a quell'epoca il numero totale delle nascite di tutte le razze era inferiore a quello attuale, per cui la nostra razza rappresentava l'indiscusso N°1 per presenze. Già negli anni 2000 le registrazioni scendevano a 22.000 circa per poi ridursi ancora nel 2006 a 14.000, un dato altalenante che è andato confermandosi nel 2012.
E' un destino che rassomiglia a quello che incombe sui cani da caccia essendo le 42.000 nascite di un tempo scese a 25.000. Un calo dovuto probabilmente a un diverso rapporto nei confronti della caccia che trova anche difficoltà ambientali per la selvaggina. Al contrario, molte razze da compagnia, o predisposte alla convivenza familiare, sono in continua espansione. Si pensi al grande successo dei labrador, dei golden retriever, così come del jack russel che da 300 iscrizioni del 2002 è passato nel 2012 ad oltre 5.000.
Leggendo questi dati è palese che la proposizione della nostra razza, evidenziandone le doti di combattività, poco considerando la sua grande poliedricità attitudinale, non è adeguata ai tempi correnti. La SAS vanta incrementi della partecipazione ai Raduni dimenticando che un tempo si lottava con l'ENCI per l'attribuzione di un maggior numero di Raduni, sia nazionali che sezionali, perché ritenuti insufficienti. Purtroppo ci si limita a lodare solo la ritualità dei Raduni ormai divenuti una focosa scorribanda gradita agli addetti ai lavori. Nessun comune cittadino ne è spettatore, i rari scappano per il pericolo di essere travolti senza scuse, anzi invitati ad allontanarsi nei consueti irriverenti modi.  

Raduni sezionali SAS
I Raduni sezionali derivano da un proposito iniziale che li vide istituiti sin dalla gestione Gorrieri per dar modo ai Soci di ciascuna Sezione di provarsi, in quell'ambito, a compilare una classifica. L'intenzione di Gorrieri era di creare Giudici con specifica esperienza che però trovavano difficoltà nel rapporto con l'ENCI che pretendeva, e tuttora pretende, il superamento del proprio esame per ottenere il titolo di Giudice.
Attraverso la preparazione della SAS, si formarono Giudici abilitati a giudicare i Raduni nazionali mentre gli Allievi giudicavano i sezionali. Fu così conferito un notevole significato tecnico a tutto danno delle manifestazioni ufficiali dell'ENCI che vedevano sempre più ridotta la partecipazione della razza. Il successo dei Raduni derivava dalla possibilità di imporre un criterio di giudizio non solo genealogico e caratteriale ma anche morfo funzionale, valutabile solo in ring la cui ampiezza consentiva di mettere alla prova la resistenza dei soggetti.
Recentemente l'ENCI ha negato alla SAS il riconoscimento dell'iter per la preparazione degli Allievi Giudici e, pertanto, anche coloro che attualmente sono invitati a giudicare nei Raduni sezionali devono comunque, per divenire Giudici ufficiali, ripercorrere l'iter imposto dall'ENCI. Per questa normativa molti Allievi, cessato il periodo di tirocinio offerto dalla SAS, preferiscono non ufficializzare il loro fortuito incarico.
Sulla regolamentazione degli attuali Raduni sezionali si posso portare alcune considerazioni.
1 - I Raduni sezionali SAS non sono riconosciuti dall'ENCI.
2 - I risultati dei Raduni sezionali non dovrebbero essere ufficializzati sul sito SAS essendo compilati da un Socio, definito nell'ambito SAS "Allievo Giudice", che sta seguendo un tirocinio senza l'intervento correttivo di un Tutore. Non esiste Allievo, di nessuna disciplina sportiva, culturale o professionale che migliori le proprie capacità senza una guida esterna. Per queste ragioni non comprendo perché debbano essere pubblicati i risultati di un apprendista che possono contenere svarioni sentenziando classifiche e qualifiche improprie a danno dei volonterosi che gli mettono a disposizione i propri soggetti.
3 - I Raduni sezionali sono denominati tali per la remota intenzione già illustrata ma, concepiti come lo sono nei giorni nostri, non ha senso definirli Sezionali provenendo la concorrenza da ogni parte del Paese.

I giudizi sono insindacabili ma...
Il criterio di tutela di un giudizio compilato nelle Esposizioni o nelle Prove, si è sempre avvalso del principio che un giudizio è sì inappellabile ma criticabile, essenza di una Società cinofila democratica, retta da Soci Amatori che hanno il diritto di esporre considerazioni soggettive.    
Le classifiche e le qualifiche sono pur sempre il punto di vista di un Giudice appassionato della razza e come tale può essere interpretato e discusso, come avviene da oltre cent'anni.
Lo stesso Max v. Stephanitz dovette in prima persona subire attacchi polemici sia per la scelta di Horand Grafrath come per il pauroso Roland Starkenburg o per Utz Haus Schütting, piccolo e sdentato.
Altrettanto il Dott.Funk subì critiche per il titolo di Auslese assegnato a Condor Zollgrenzshutz-Haus perché aveva una taglia che non gratificava appieno la mascolinità.
Critiche ancora vennero al Dott.Rummel per la proclamazione a Sieger di Arras Haus Helma ai danni di Quanto Wienerau.
Critiche furono rivolte al Dott.Trox per aver proclamato Auslese Frine di Casa Gatto per la quale il Conte Gatto mistificò un CAL per Brevetto e una Selezione "in progetto".
Nacquero forti critiche per l'imperfetta dentatura di Quando Arminius, proclamato due volte Sieger dal suo stesso allevatore, Hermann Martin. 
Così fu per moltissimi Sieger e Auslese che solo l'analisi critica ne indusse o ne sconsigliò l'impiego e la disinibita competenza dei migliori allevatori salvò in molti casi la razza dalle scarse doti caratteriali tutelate da equivoche prove selettive.
Ogni Giudice è un uomo e, come tale, può operare bene o male tuttavia il suo giudizio è insindacabile, però pur sempre criticabile e rivedibile.
Timo Berrekasten, il bellissimo grigio figlio di Wanko Lippischen Norden (Quanto Coroninas) fu giudicato nel 1997 65° M.B. in Classe giovanissimi da Rudiger Mai e poi 6°Auslese nel 1998 e vice-Sieger nel 2000 da Peter Meßler.
L'evoluzione di classifica di Timo dimostra come sia possibile la criticabilità che poteva essere esposta quando fu piazzato 65° su 200 con un giudizio stilato quando il cane era in ottimo stato e condizione. Io ne fui estremamente meravigliato e a questo proposito ricordo le parole di Salvatore Capetti il quale affermava che il migliore della Classe era proprio Timo Berrekasten. Allora, stanti le attuali regole, avrebbe dovuto essere denunciato perché inqualificabile criticone... Ma alla fine chi ebbe ragione?
La non approvazione non sempre è una critica ma il tentativo di una migliore interpretazione di un evento.

Sentita in un Raduno SAS
Io, in sessant'anni di esposizioni, ne ho sentite di tutti i colori ma questa, forse, posso metterla in pole position.
In diversi miei articoli ho affermato che i cani impiegati nelle gare di lavoro hanno una costruzione che non soddisfa appieno le pretese dello standard ma alcune loro caratteristiche li rendono più adatti alle Prove. Più leggeri, non troppo lunghi nel tronco, molto dinamici e reattivi, con angolazioni meno pronunciate, ne fanno dei possibili galoppatori. L'azione del galoppo è il loro unico impegno dinamico per le perlustrazioni dei revier, come in tutte le fasi d'attacco: non esiste Prova di lavoro, nelle varie fasi, dove il cane sia impegnato al trotto. Questa mia affermazione non nasceva dall'intento di renderli indenni da critiche morfologiche, quanto per giustificare le ragioni di alcune loro imperfezioni.
In un Raduno nazionale, terminato il giudizio della Classe adulti maschi, il Giudice, ai concorrenti che presentavano alcuni soggetti usualmente impiegati nelle Prove di lavoro, spiegò perché avrebbe attribuito loro un'elevata qualifica. In buona sostanza, sosteneva che quei soggetti erano sì mal costruiti ma, dal momento che svolgono gare di lavoro, sono egualmente di valore perché le loro anomalie morfologiche soddisfano le esigenze del loro impiego. Tutto questo dimenticando che lo standard é uno solo e non giustifica anatomie non confacenti, esattamente il contrario di quanto da me sempre sostenuto.
Rispettando il principio espresso dal quel Giudice, un concorrente potrebbe legittimare le imperfezioni del proprio cane avvertendolo per tempo che il suo cane è utilizzato in impieghi che giustificano i suoi difetti. Per un soggetto dal movimento poco spazioso potrebbe dire che è solito accompagnare il nonno sofferente di gotta, per un soggetto che cade molto sull'anteriore spiegare che è sua consuetudine raccogliere le monetine di un mendicante affetto da spondilite anchilosante. Pertanto non sono difetti ma pregi imposti dall'adattamento funzionale, gratificando remote supposizioni lamarckiane e, di conseguenza, saldamente apprezzabili.
Secondo l'attuale tendenza, per non cadere nella dannazione del Potere, dovrei scrivere: bravissimo quel Giudice, quale considerazione avveduta ha esternato!
Ma... per i rari Esperti sarei doppiamente considerato un emerito imbecille: primo, perché approverei una castroneria cinotecnica, secondo, perché mi sarei fatto imbeccare come un pappagallo.

I titoli di Sieger e di Auslese
Grande confusione vi è attorno al significato dei titoli di Sieger e Auslese.
La Società speciale per la razza del cane da pastore tedesco (SV) istituì i titoli di Sieger e Auslese sin dagli inizi della sua fondazione, alla fine dell'800.
Jorg Kröne, Auslese nel 1899, essendo primo classificato, fu dichiarato Sieger, ossia Campione tra i cani "scelti" definiti Auslese. Tali titoli nacquero con l'intenzione di segnalare i migliori dell'anno.
I titoli di Auslese e Sieger hanno valore nell'anno dell'acquisizione e un soggetto può vantarsi di tale merito in quel limitato periodo. Ogni anno, per mantenere il suo prestigio, il soggetto deve ripresentarsi per ottenere nuovamente il titolo. Per questo è corretto affermare che il titolo è stato attribuito in un determinato anno. E' un criterio agonistico che considera che le qualità intrinseche di un cane vanno scemando nel tempo. Del resto, nessuno farebbe follie per avere oggi le grazie di Miss Italia 1954, mentre sarebbero molto più graditi i favori della decima classificata al concorso 2012.
Propongo queste precisazioni perché molti vedono nell'assegnazione del titolo un'attribuzione qualitativa perenne mentre ogni volta, come nello sport, è rimessa in gioco.
Diversa natura ebbe l'istituzione del titolo di Campione assegnato dalla FCI che era attribuito dopo una serie di vittorie. Il titolo in questo caso aveva, ed ha, l'intenzione di segnalare un soggetto che poteva per sempre dare garanzia della propria qualità.
Per i maschi la qualifica di "Auslese" si configura come una proposta per la scelta di un riproduttore che può essere presa in considerazione anche se, utilizzando cani non insigniti di tale titolo, la storia insegna che possono provenire ottimi risultati.

La privazione del proprio pensiero è un carcere senza muri
Dopo alcune considerazioni sulle normative della razza del cane da pastore tedesco, voglio spendere alcune parole su di una situazione personale perché, dilatandosi il principio, non possa essere esteso a qualunque Socio.
Io, per ora, non sono stato sospeso ma deferito al vaglio del Comitato Consultivo Esperti Giudici dell'ENCI per quanto da me pubblicato dopo che, a detta del Presidente, avrebbe dovuto calmierare diverse segnalazioni e lamentele di soci. Io, al contrario, ho avuto un'infinità di approvazioni e, addirittura, richieste di autografi in campo per la mia costante espressione di un'opinione libera.
Premesso che quanto ho scritto è sempre stato fatto con la consueta cautela che non mi ha mai procurato problemi per oltre cinquant'anni, ribadisco il diritto sancito dalla Costituzione Italiana con l'art. 21 che, proprio per garantire la non insorgenza di dispotismi dittatoriali o mafiosi, recita testualmente "... La stampa non può essere soggetta ad autorizzazioni o censure". Un Ente, o una Società, che pretendesse la negazione di libera stampa o la censura adotterebbe conseguentemente principi anticostituzionali portandomi verso una condizione di soffocante silenzio che io non accetto, e non accetterò mai, perché la privazione del proprio pensiero è un carcere senza muri.
Tale diritto nasce da sentimenti liberi e spontanei che mi accompagnano da sessant'anni nella mia militanza cinofila e per questo mi batterò finché avrò vita: soffocare un pensiero e un'opinione significa tornare ai tempi dell'inquisizione. Scrive Sergio Luciano "E non sembri retorico affermarlo ma… finché c’è indipendenza nell’informazione, c’è speranza per la democrazia".
Mi pare piuttosto evidente che la smania di invogliare sanzioni non sia dettata da un improvviso desiderio moralizzatore, mai avvertito nel passato, quanto da un proposito che mi ha permesso, finalmente, di giustificare l'inspiegabile significato delle parole espressemi a Gallipoli da Luciano Musolino in occasione di una cena. Mentre faceva sfoggio delle sue prodezze per conquistare l'attenzione dei commensali, ormai liberatosi da antichi bavagli, affermava "quando ero giovane mi sembrava impossibile poter colloquiare con la famiglia Alquati". Ora comprendo che queste remote angustie sono probabile matrice di una rivalsa che lo invoglia ad elargire punizioni e ghettizzare chi aveva provocato in lui un assurdo e, a lungo, soffocato risentimento.
A supporto del mio invocato anelito di libertà mi conforta, e nel contempo mi stupisce, la lettura di un articolo comparso sulla Rivista dell'Organo ufficiale ENCI "I nostri cani". A pag. 62 del fascicolo edito nel mese di maggio 2013, dall'arrogante titolo "Campioni del mondo per alzata di mano!", un Consigliere dell'Ente esprime tutto il suo disappunto per presunte irregolarità avvenute nell'ambito di una Manifestazione internazionale di caccia. In questa esposizione sono vibratamente criticate le decisioni, e quasi ironizzate, prese da parte di importanti Responsabili addetti alla compilazione della classifica che assegnavano un titolo mondiale.
Il diritto di critica deve esistere ed è pane e sale della vita cinofila. Diversamente un'appiattita descrizione non susciterebbe l'interesse di alcuno.

Propongo ora una lettera inviata nel mese di giugno al Responsabile della CE.LE.MA.SCHE, Dott. Piccinini
Caro Dott. Piccinini,
mi permetto sottoporre alcune mie opinioni, già pubblicate, sulla procedura per raggiungere l'esenzione da displasia, escludendo la lussazione congenita del gomito la quale, mi pare, abbia sistematiche di diffusione patologica differenti, pur valendo anche per questa alcuni principi più sotto esposti.

Come Allevatore e Selezionatore sento il dovere di avanzare alcune considerazioni perché i criteri sanatori iniziati negli anni '60 non mi sembrano aver prodotto consistenti modificazioni positive per la riduzione della patologia. Neppure costato sia stato ancora compilato un protocollo di raccomandazioni, cui l'Allevatore possa ispirarsi per ottenere vantaggi, se non quello di mettere alla riproduzione genealogie esenti da displasia nelle quali non sono tuttavia considerati gli esami effettuati ai collaterali, ai parenti e gli esiti dei soggetti non esenti o non sottoposti a esame radiografico.

Premetto che in questa mia lettera non vi è alcuna intenzione di cercare colpe o responsabilità di alcuno ma, in qualità di Giudice Selezionatore, penso che una riflessione anche da parte di altri Giudici Selezionatori (in particolar modo quelli operanti), dopo cinquant'anni dall'applicazione di un progetto selettivo, dovrebbe essere doverosa.
Chiedo di considerare che, avendo sottoposto ad indagine radiografica i miei cani dal 1962, l'esborso economico cui mi sono sottoposto è consistente, tuttavia le ansie ed i timori sono rimasti invariati se non alleviati da mie intuizioni.

Considerando la difficoltosa soluzione del risanamento, mi sembra molto limitata la responsabilità attribuita a un Selezionatore non imponendogli riflessioni sui criteri che giustificano l'assegnazione del titolo di "cane selezionato" riducendo il suo ruolo a una passiva valutazione morfologica convalidata da un attacco in campo, senza mai essere impegnato a formulare proposte o critiche sull'iter selettivo. In favore di questo mio pensiero, porto ad esempio la Prova di resistenza che non deriva da una probante stima ma è accreditata attraverso un approssimativo controllo senza corredarlo di un'effettiva validità biologica, mancando l'Incaricato stesso della preparazione per formularla come lo potrebbe, invece, un Medico Veterinario. Per queste ragioni una cardiopatia o un'insufficienza renale possono essere confuse con un occasionale affaticamento lasciando filtrare in razza queste patologie. Altrettanto la prova di "riselezione", per soddisfare il significato che si propone, dovrebbe riconfermare la qualità del soggetto in esame alla luce di buoni risultati in razza piuttosto che essere giustificata da insignificanti rituali formalità. Potrebbero essere probanti una verifica radiografica per quantificare il degrado delle articolazioni e le considerazioni sull'eventuale discendenza prodotta. Mi chiedo che senso abbia esaltare di un riproduttore l'esenzione da displasia giudicata "normale" se i dieci figli prodotti sono stati valutati gravemente affetti o di una femmina apprezzare l'immagine di ottima fattrice quando si sa che ha divorato tutti i suoi cuccioli! Senza il rispetto di questi criteri la prova di "riselezione" rimane una formalità priva di una concreta giustificazione zootecnica.

Fatte queste premesse, già con altri scritti, ho avvallato l'ipotesi di qualificati Esperti del passato e del presente i quali sostengono che, accanto ad un'insorgenza  genetica del male, esiste anche una consistente incidenza costituzionale evidenziata in maniera macroscopica dalla razza del brachimorfo Bulldog afflitta da una notevole presenza di soggetti displasici, mentre quella del dolicomorfo Levriero ne risulta quasi esente (un tema che già ebbi occasione di sottoporle).  Le ragioni più probabili sono riconducibili alla differente costellazione endocrina e a una diversa massa associata a una notevole tenacità legamentosa e muscolare certamente indotte dall'azione anabolizzante della costellazione endocrina del brachimorfo, in maniera inversa nel dolicomorfo dove l'azione catabolizzante tende a sintetizzare una struttura, favorendo la reattività dinamica.

Con attente valutazioni dovremmo accertare se l'appesantimento della massa del cane da pastore tedesco trasformata da un'originale somatologia mesomorfa in una quasi brachimorfa e brachicefala, possa essere responsabile della patologia in misura forse maggiore dei benefici derivati dalle stime fenotipiche del progetto radiografico.
Per questo sarebbe necessaria un'indagine statistica registrando pesi e misure reali, ed altri dati significativi, non solo considerandoli in senso assoluto quanto stimando il rapporto tra altezza e peso che indicherebbe la massa che permetterebbe di individuare il somatotipo ideale del cane da pastore tedesco "esente da displasia". Sembrano ancora possibili i vantaggi derivati da un normale e non forzato accrescimento del cucciolo, la somministrazione di Vitamina C e l'individuazione di ceppi che garantiscono una minor o maggior presenza della patologia. E tante, ancora, probabilmente a me ignote, potrebbero essere le metodologie che possono giovare alla riduzione di questa patologia. Analisi che darebbero un efficace significato zootecnico alla nostra selezione anche se prevedo che una simile proposta non troverà mai sostenitori.

Invito anche a riflettere se, per un normale accrescimento, sia giovevole sottoporre a stress dinamici nei Raduni di razza cuccioli a iniziare dai 4 mesi che, per ottenere piazzamenti di rilievo, devono già, a quella età, per risultare vincitori, mostrare un forzato e condizionato dinamismo. Un criterio che diviene sempre più insistente a iniziare dai 6 mesi. Certamente quest'abitudine non può essere la causa scatenante della patologia ma, in molti casi, il motivo di un giudizio negativo.
Altro elemento influente è l'esubero della taglia, un problema già da me anticipato una ventina di anni fa ora vagamente considerato. Purtroppo l'attenzione della SAS verso certi "ingombranti" suggerimenti comporta sempre tempi lunghissimi.

Considerando quanto esposto, ritengo che il Giudice Selezionatore, in stretta collaborazione con la Ce.le.ma.sche, dovrebbe essere guidato da un protocollo che tenga conto dell'esperienza sino ad ora raggiunta, diversamente i propositi per sradicare il male si riducono ad una semplice indagine fenotipica appoggiata ad un inefficace progetto Mendeliano.  L'ormai vetusto criterio toglie, a mio avviso, persino significato alla consunta definizione di "esente da displasia" configurandosi come una semplice qualificazione morfologica e non come la garanzia di probanti certezze.  Riporto questo concetto assodato attraverso colloqui in occasione di conferenze tenutesi già trent'anni or sono, quando fui onorato Docente con i Proff. Righi e Monaco e, insieme, Collaboratore del circolo culturale I.C.A.R.O.

Conscio che l'accoglienza delle mie proposte comporta molti ostacoli pratici e politici, mi auguro che la mia esposizione sia intesa come una benevola, e non arrogante, rassegna d'iniziative, ma l'evoluzione dei progetti, in Italia, purtroppo è spesso condizionata dal rispetto di archetipi di culture standardizzate.



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