METICCI, di RAZZA, SELEZIONATI di Piero Alquati


Per abitudine, quando vogliamo divertirci, ascoltiamo alcune trasmissioni televisive e non ci accorgiamo che da ogni parte si potrebbero cogliere motivi altrettanto divertenti. 
Solo la nostra ipocrisia, o la superficialità, non ci permette di osservare i grandi controsensi nei quali cadiamo parlando di cani meticci, cani di razza o cani selezionati. 
I meticci sono enfatizzati dai più e la classe Veterinaria ne esalta la salute e l’immunizzazione spontanea mentre sottovaluta cani di razza perché appartengono ad una genealogia riconosciuta e, come tale, suppone degenerata senza avvedersi che anch’essa deriva da “meticci selezionati”.
L’apprezzamento di un cane, spesso, viene esternato ignorando le sue attitudini e stimato solo perché vive scodinzolando alla vista dei bambini, del marito, degli amici o dell’improvvisato amante.  Esaltato quando impara ad assolvere i suoi impulsi corporali negli spazi di tempo ideali per il proprietario e stimato da tutti per la sua continenza. Coccolato dalle amiche della padrona, diviene oggetto della loro sviscerata cinofilia potendogli offrire i pasticcini che altrimenti, mangiandoli, metterebbero a dura prova l’ingresso nell’abitino o nel succinto costume già acquistati per esibirli ad una prossima esperienza marina.
Questa melanconica identificazione del cane è fulmineamente infranta il giorno in cui una mano lesta entra in casa e ruba i gioielli, tanto cari perchè frutto di un travagliato rapporto amoroso. Allora il povero cane, amato e vezzeggiato, reso obeso per la gioia di chi lo ha in cura, è accusato di non comportarsi come l’intrepido Rex di cui, all’improvviso, si apprezzano le doti fisiche e le attitudini. Vengono dimenticati gli stucchevoli pietismi che furono la sua culla e, in molti casi, durante l’uscita ferragostana, sarà abbandonato durante una fugace sosta. 
Ma al cane di razza, già mal stimato per le sue doti, si aggiunge altra condanna, anche se contraddittoria, retta da presupposti scientifici.
L’allevamento del cane di razza viene, infatti, disapprovato nei suoi intenti selettivi mentre andrebbe criticato per l’inadeguato utilizzo. A riprova di questa mia opinione possiamo ricordare che i grandi cani da caccia divennero famosi perché sottoposti a dura selezione ed ogni gran cacciatore trovò soddisfazione dal loro impiego.   
Scriveva Edward Leverack, famoso cultore ed allevatore del setter inglese, cui diede nome ad una varietà, “io credo che tutti gli allevatori rinomati, sia di cavalli da corsa, che di animali cornuti, di montoni, di maiali e di volatili, riconoscano di essere debitori a questo sistema della purezza del sangue, e della classe degli animali di cui sono possessori. Su questo punto io sono fanatico. “ ... “ Tutti gli allevatori che hanno raggiunto una superiorità sugli altri, nell’allevamento di qualsiasi razza di animali, sanno quanto sia difficile far sparire le tracce di un cattivo incrocio, risultante dalla introduzione, nella propria razza, di sangue impuro”.  Caldeggiava quindi di evitare l’introduzione di sangue proveniente da razze o ceppi lontani. A quei tempi per la ristrettezza del parco riproduttori puri significava “omogeneità e selezione in consanguineità “.
Molti, oggi, disdegnano l’usuale matrice delle razze mentre apprezzano il meticcio che, peraltro, non nasce da un progetto selettivo e potrebbe essere figlio di genitori gravemente affetti da displasia. 
La tanto aspirata esenzione da displasia, ritenuta male endemico delle razze, invoglia gli Esperti ad affermare che è la conseguenza dell’iperselezione cui è sottoposto il cane di razza ma, per sradicarla, si progettano programmi tipici per la selezione dei caratteri delle migliori razze di ogni specie (cavalli, bovini, maiali, ecc.).  Tanto che molti, mentre dissacrano il cane di razza affetto da displasia, sono gli stessi che poi propongono soluzioni selettive che impongono lo scarto degli affetti dalla patologia, la scelta delle famiglie indenni, l’indagine della frequenza del male e le migliori garanzie provenienti da un esame tardivo. 
Così facendo teorizzano la soluzione della displasia dell’anca attraverso i più avanzati metodi della genetica quantitativa e, lanciando proposte che pretendono di essere l’antitesi della raffinatezza, formulano il progetto di una nuova razza che potrebbe essere nominata “cane esente da displasia”  che, per soddisfare le molteplici esigenze dei proprietari, dovrà essere prodotta differenziata in taglie, forme ed attitudini. Non si accorgono che il loro suggerimento non é altro che il criticato programma selettivo degli Allevatori del cane di razza ritenuto fonte di ogni carenza  e patologia!  
Alla luce di questa riflessione, il risentimento che anima questi critici sembra non essere mosso dal desiderio di contestare un protocollo, quanto dall’antipatia e dell’invidia verso il cane di razza, bello ed utile, le cui fogge e doti è consentito creare e ripetere solo ad alcuni che, pur senza un titolo, conoscono l’Arte per riuscirvi.

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